CarloDegliEspostiMi chiamo Carlo Degli Esposti, e ho conseguito la laurea magistrale in Ingegneria Elettrica alla Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Bologna, nel marzo dell’anno 2000. A questa ho aggiunto, dopo alcuni anni di esperienza professionale, un Master in Business Administration all’HEC di Parigi, in Francia.

La mia scelta di iscrivermi al corso di ingegneria elettrica è stata il frutto di una lunga riflessione, iniziata addirittura all’inizio del liceo e continuata anche dopo l’inizio del mio corso di studi universitari, iniziati “poco più in là”, nel corso di Ingegneria elettronica. 

-    In primo luogo, mi era chiaro di volere raggiungere l’autonomia economica dalla mia famiglia il prima possibile, e (allora come oggi) una laurea in ingegneria era un elemento fondamentale per colpire il bersaglio che mi ero prefisso. Tuttavia, come accennato, non sapevo quale ingegneria scegliere. Mi sarebbe piaciuto costruire di tutto: robot, ponti, architetture software, treni, impianti chimici (di gente che aspira a costruire Ferrari o Ducati ce n’era già troppa!). Dopo alcuni colloqui con professori della Scuola, ho capito che il corso di ingegneria elettrica, col programma di allora, mi avrebbe permesso di toccare elementi fondamentali di tutta la materia tecnica. Per inciso: nel fare questa scelta non diedi retta a un autorevole consiglio, quello datomi dal prof. Romano Prodi, col cui figlio avevo studiato alle medie e al liceo, che nell’incertezza mi aveva raccomandato meccanica o elettronica. 

-    In secondo luogo, ho sempre avuto una passione latente per la fisica dell’elettricità, dei campi magnetici e una sorta di fascino per le macchine elettriche. Non capivo bene cosa mi attraesse, ma il fatto di poter “governare” fenomeni tanto complessi tramite la conoscenza della tecnica necessaria al loro controllo mi affascinava.

-    In terza e ultima battuta, alla scelta di ingegneria elettrica ha contribuito un altro episodio, che necessita un’introduzione più articolata. Negli anni 90, anche per via della rapida transizione tecnologica indotta dall’avvento della telefonia mobile, il settore delle telecomunicazioni fu liberalizzato. Questo generò una moltitudine di nuove opportunità di lavoro, retribuite ben sopra la media degli stipendi di allora, soprattutto per gli ingegneri. Proprio per rispondere alle nuove esigenze, in quegli anni la Scuola di Ingegneria dell’Università di Bologna lanciò il corso di ingegneria delle telecomunicazioni. Mentre tutta l’attenzione mediatica si rivolgeva in quella direzione, mi capitò di leggere un articolo di giornale in cui si paventava la possibilità di un passaggio dalla gestione pubblica alla libera concorrenza anche per il settore dell’energia, sulla spinta delle iniziative prese in quegli anni dai paesi scandinavi e dall’Inghilterra, dove furono condotti i primi tentativi di liberalizzazione. E forse proprio per questo ho optato per ingegneria elettrica.

Ho vissuto i miei anni alla Scuola di Ingegneria con molto impegno, e con un obiettivo ben preciso: finire presto, e col miglior voto possibile. È inevitabile pensare ai momenti immediatamente seguenti al superamento di esame, in cui il crollo dell’adrenalina fa sentire come un saltatore con l’asta che sta planando sul materasso dopo aver superato l’asticella, ma le situazioni frustranti sono state altrettante, ed è su quelle che mi concentro, ancora oggi, a vent’anni dalla mia Laurea, perché è lì che ritrovo una sorta di “istruzioni di base” per superare le difficoltà che si presentano, quotidianamente ed inevitabilmente, sul mio cammino professionale e personale.

L’impatto con l’università è stato difficile: ero il solo della mia classe del liceo ad aver optato per ingegneria! Al liceo avevo una cerchia di amici ben delimitata, conoscevo i genitori dei miei amici, sapevo chi fosse amico di chi, e quando mi sono trovato da solo, in un’aula con altre cento (forse molte di più) matricole, molte delle quali molto poco interessate a seguire le lezioni, è stato un vero choc. Ho dovuto ricostruire le mie reti, imparando a “creare” amicizie, che non erano più quelle quasi “naturali” provenienti dagli anni di scuola, e soprattutto ho dovuto imparare a individuare coloro che avessero il mio stesso obiettivo, ovvero arrivare alla fine e con successo. Studiare da soli come a scuola è fondamentale per interiorizzare i concetti, ma all’università si deve imparare a creare “reti” con i colleghi, con i professori, con cui scambiare informazioni e domande, perché la partecipazione alle lezioni in aula è e resta fondamentale, ma integrare con regolarità e costanza quello che in aula viene spiegato è parte essenziale del processo di comprensione. 

Un esame universitario non si improvvisa. E questo l’ho imparato andando a sbattere contro prove dove la complessità dell’informazione da gestire supera di molto quello che può essere il perimetro di un’interrogazione a scuola. La frustrazione per un esame andato male (e ce ne sono stati) si è sempre tradotta in una disamina di cosa avevo sbagliato, e spesso e volentieri la causa era ascrivibile alla scarsa organizzazione nella gestione nel tempo per preparare la prova. Nel mondo del lavoro, in particolare di chi, come gli ingegneri, gestisce progetti, ci si trova spessissimo a dover affrontare incarichi i cui limiti sono indefiniti, per cui le aspettative di chi partecipa a progetti divergono, in cui ci si pone aspettative per le tempistiche di realizzazione che spesso non sono commisurate al tempo effettivamente disponibile. 
Uno dei più grandi insegnamenti del corso di laurea di ingegneria è imparare a gestire la complessità. La preparazione di un esame di ingegneria è costituita da una serie di fattori che si ritrovano pienamente nelle situazioni della vita lavorativa, specialmente nella apertura, preparazione e gestione di progetti, qualunque sia la loro natura.

-    Una costante presenza a lezione: l’ascolto e l’interpretazione del messaggio orale del professore e la sua traduzione in appunti propri definiscono una propria “presenza di spirito” davanti all’ostacolo da superare. Vale all’università come sul lavoro, dove la presenza e la partecipazione va garantita ai propri clienti, ai propri colleghi, al proprio team, ai propri superiori. 

-    La revisione immediata degli appunti presi a lezione: questo è un passo fondamentale per individuare al più presto i passaggi della spiegazione che non si sono digeriti e preparare le domande da fare per “chiudere la falla” al più presto. Sul lavoro, processare le informazioni acquisite rapidamente permette di acquisire immediatamente la “presa” che si ha sul problema e stabilire le azioni necessarie per incrementare la propria comprensione di quell’aspetto. Quanti progetti falliscono si fanno per colpa di informazioni incomplete!

-    A questo si collega immediatamente il terzo elemento, forse il più importante di tutti, che è l’aspetto per così dire “sociale” della preparazione dell’esame. Questo è dato da due componenti:

  • Un contatto assiduo con il professore per chiedere chiarimenti, testare la propria comprensione degli argomenti e richiedere ulteriori informazioni e consigli sui passi da intraprendere per la preparazione dell’esame sono forse le azioni più importanti da intraprendere per entrare nella materia e tagliare i tempi di revisione quando l’esame di avvicina. Sul lavoro, con lo stesso approccio si costruiscono relazioni vincenti, in cui si impara a definire con precisione le richieste dell’interlocutore (un superiore, un collega, un membro del proprio team, un cliente…) e soddisfare le sue richieste nel modo più soddisfacente possibile e nei tempi che ci vogliono.  
  • Lo scambio regolare di informazioni con i propri colleghi di corso (dello stesso anno ma anche degli anni precedenti), nonché con quelle iniziative di servizio agli studenti (penso allo Student Office) che permettono di raccogliere materiale prezioso per la preparazione all’esame, come testi di prove scritte o appunti organizzati. 

Se vogliamo, si tratta di organizzare il “marketing” della propria riuscita. 
-    Un penultimo suggerimento che mi sento di dare ha a che vedere con la riduzione dello stress dato da una delle domande più classiche che ci si pone: “Come sarà l’esame?”. Per me è stato particolarmente importante, ogni volta che ho potuto, assistere alle sessioni di altri studenti per ascoltare le domande, per osservare lo svolgimento della prova (alla lavagna, seduti davanti a un foglio di carta…) e per valutare indirettamente il mio grado di preparazione per rispondere alle domande fatte. Tutto questo mi ha fatto “calare” nel clima della prova in anticipo, preparandomi bene a ciò che mi avrebbe atteso.

-    E un ultimo, se posso: abituarsi a non mollare mai. Ci sono esami che per quanto ben preparati riservano (complicate) sorprese, ci sono professori che sono difficili da digerire per il loro stile di narrativa, o solo per la loro calligrafia (e non si può chiedere loro di “diventare un’altra persona” per poterli capire al volo!), ci sono compagni di corso difficili, quelli che si sentono (e lo possono essere!) più intelligenti degli altri, ma la dedizione e la costanza sul PROPRIO obiettivo sono una palestra indispensabile a tante situazioni che si incontreranno nella vita, per cui non ci saranno né libri di testo né tantomeno lezioni o appunti a disposizione.

Nel mondo lavorativo, come detto, questi elementi si ritrovano tutti: l’organizzazione della soluzione a problemi complessi, la lettura di documenti e report a volte molto voluminosi, l’individuazione di priorità nello svolgimento di un compito si basano certamente in primis sulla propria analisi della situazione, ma è altrettanto importante saper creare e gestire una rete di contatti dalla quale assorbire punti di vista differenti per comprimere la mole di lavoro senza comprometterne qualità e completezza.

Grazie alla Laurea in ingegneria elettrica, trovare lavoro è stato molto facile. Anche prima del completamento del corso di studi ho iniziato a ricevere offerte di lavoro, il che mi ha permesso di sondare diverse possibilità e di valutare quali possibilità ciascuna di esse mi avrebbe potuto offrire. Dopo alcuni “esperimenti”, sono stato assunto dal neocreato gestore della rete di trasporto nazionale, l’antenato della divisione dispacciamento della società Terna SpA, nella quale ho avuto fin da subito un ruolo di responsabilità come capo della programmazione commerciale giornaliera dello scambio alla frontiera, grazie alla mia conoscenza del francese e del tedesco, oltreché dell’inglese.
La combinazione delle mie conoscenze linguistiche con quelle tecniche guadagnate con il corso di sistemi elettrici per l’energia mi hanno aperto poco dopo il mio spostamento a Roma la possibilità di muovermi di nuovo verso Bruxelles, dove sono stato nominato advisor al board di ETSO, l’associazione dei gestori di rete di traporto incaricata di indicare i GRT come attori principali per fissare le regole del neonato il mercato dell’elettricità in Europa.

A partire da questo momento le mie conoscenze tecniche si sono sempre più integrate con i nuovi concetti del mercato elettrico: la necessità di una nuova regolazione, i meccanismi di offerta, quelli di bilanciamento, il ruolo delle borse dell’energia, le esperienze di liberalizzazione del mercato in altri paesi come l’Inghilterra, la Spagna, la Germani e i paesi Nordici. Tutti questi temi, di natura più legale ed economica, non mi avrebbero portato molto lontano se non avessi avuto una forte base tecnica a rinforzare le mie argomentazioni. 

La mia capacità di leggere la fisica delle reti elettriche mi ha permesso di analizzare e talvolta confutare con forza posizioni difficilmente sostenibili di altri esperti, che mancando un adeguato background ingegneristico non erano in grado di individuare la soluzione effettivamente adeguata alle tecnologie e al comportamento di quella che è la macchina più complessa inventata dall’uomo, ovvero una rete ad alta tensione per l’energia. 

Ingegneria è sinonimo di costante evoluzione. Per esempio: quello che io ho imparato sulle connessioni in corrente continua vent’anni fa resta vero, ma l’uso che se ne fa oggi è evoluto in maniera a dir poco affascinante. Una volta le connessioni in corrente nelle reti elettriche erano una “valvola di sicurezza” per connettere reti in corrente alternata di grandissima taglia (la rete Europea con quella russa, per esempio), e poco altro. Ma oggi? Sarà proprio con la tecnologia in corrente continua che decarbonizzeremo il nostro uso dell’energia, che introdurremo un più ampio uso della mobilità a emissioni zero, che renderemo l’elettricità il principale vettore energetico. 

Oggi sono uno dei tre fondatori di una società di consulenza con un partner inglese e uno francese, entrambi ex Chairman del Board di ENTSO-E, l’organizzazione europea nata dalle ceneri di ETSO per la redazione e l’implementazione dei codici di rete necessari al funzionamento dei mercati, delle operazioni e allo sviluppo delle reti di trasporto europee. 

Le conoscenze richieste per questo lavoro sono vaste, interdisciplinari e richiedono un costante aggiornamento. Oltre la capacità di sintetizzare in parole semplici concetti fisicamente e tecnologicamente complessi, è necessaria una approfondita conoscenza della normativa energetica Europea e spesso di come questa sia stata declinata dai diversi stati membri nelle leggi locali. A questo si somma la necessità di comprendere meccanismi di natura più economica e finanziaria, legati da un lato alla definizione di meccanismi di mercato per i diversi orizzonti temporali necessari agli attori di mercato per vendere e comprare energia, dall’altro alla definizione dei prezzi dei “beni” offerti e di come questi possano essere “catturati” con attività di trading di prodotti energetici sui diversi mercati. 

A queste competenze fondamentali si somma la necessità di avere un certo talento commerciale, per individuare i cosiddetti “punti di sofferenza” del cliente e individuare la strada migliore per poter combinare la soluzione ai suoi problemi. Stabilire contatti cordiali con le persone è fondamentale per instaurare discussioni aperte, dimostrando autentica partecipazione nella presa in esame delle richieste della controparte. Esiste poi il capitolo delle relazioni istituzionali, del rapporto con i direttorati generali della Commissione e con le altre istituzioni preposte allo sviluppo della normativa e delle regole, che richiede competenze più politico/diplomatiche, rivolte alla comprensione degli interessi delle diverse parti in gioco e delle relazioni fra delegati degli stati membri, dei rispettivi regolatori e, più in generale, di tutti gli attori coinvolti nel processo di definizione delle norme.

Tutto questo, però, senza una adeguata conoscenza tecnica di come funzionano le centrali e le reti che le collegano ai centri di consumo rende la discussione estremamente più complessa. La mia esperienza ha mostrato come solo chi ha un forte background nella simulazione dei sistemi elettrici per l’energia e dei complessi fenomeni che la governano ha la possibilità di afferrare prima di molti altri (esperti legali ed economisti) le conseguenze delle scelte fatte per direttive e regolamenti. Ciò rende gli ingegneri elettrici profili di eccellenza per la risoluzione di problemi estremamente complessi. 
 

Ho sempre avuto una passione latente per la fisica dell’elettricità, dei campi magnetici e una sorta di fascino per le macchine elettriche. Non capivo bene cosa mi attraesse, ma il fatto di poter “governare” fenomeni tanto complessi tramite la conoscenza della tecnica necessaria al loro controllo mi affascinava.

09/07/2020 - 11:40