MarcoBenedettoMi chiamo Marco Benedetto e sono un giovane ingegnere biomedico che si è formato all’Università degli studi di Napoli “Federico II”. Mi sono laureato ad aprile 2018 e il giorno prima della seduta di laurea è stato il mio primo giorno di lavoro. Sì, già il secondo giorno di lavoro mi sono dovuto assentare per discutere la mia tesi che poi è diventato un prodotto dell’azienda in cui ancora oggi lavoro, Kelyon.

Durante il liceo non avevo mai pensato di iniziare degli studi in ambito scientifico, ingegneria non era proprio tra le mie alternative. Ero convinto di voler proseguire con gli studi umanistici, poi ho deciso di mettermi alla prova dopo l’esame di stato studiando diverse materie scientifiche, seguendo anche i consigli di chi mi ha visto crescere e notava in me questa propensione. Ho iniziato anche un po’ per sfida verso me stesso, per mettermi alla prova. All’epoca avevo un’idea molto confusa dell’ingegneria e in particolar modo dell’ingegneria biomedica. Il primo giorno di corsi è stato spaventoso: tutto mi sembrava così difficile, incomprensibile. Non ho mollato; ho continuato a studiare e a seguire i corsi. Esame dopo l’altro ho realizzato che forse gli altri avevano ragione: le discipline scientifiche facevano per me e mi interessavano molto, ma senza “sporcarmi le mani” veramente mi era difficile riconoscerlo. 

In realtà nemmeno la scelta del corso di ingegneria è stata semplice. Ero deciso per uno dei corsi dell’ingegneria dell’informazione. “Sì, ma quale?” mi chiedevo ogni giorno. Erano diversi quelli che trattavano argomenti di mio interesse, ma alla fine ho scelto “ingegneria biomedica”. Diverse volte ho pensato di dover cambiare corso di ingegneria, ma adesso non mi trovo affatto scontento della scelta, anzi! È fisiologico, tra tutti le sfide e le ansie che si affrontano durante il percorso universitario, ogni tanto domandarsi cosa veramente si vuole fare dopo la laurea. Mi sarò fermato mille volte a pensarci e ripensarci, ma una cosa è certa: non ho mai mollato. Ho sempre proseguito per la mia strada senza perdermi d’animo e rimboccandomi le maniche ad ogni nuova sfida. L’esperienza che mi ha fatto capire di più che ero sulla buona strada è stata l’intero percorso magistrale.

La triennale mi aveva lasciato con più interrogativi di prima. Non mi erano ancora ben chiare le mie reali potenzialità. Avevo ancora bisogno di crescere e di studiare per potermi sentire minimamente pronto al mondo fuori dall’università. Proprio le conoscenze acquisite durante la magistrale sono state la base di quello che mi è servito durante l’attività lavorativa.

Attualmente lavoro come Software Analyst per Kelyon, un’azienda napoletana che si occupa di sviluppo di soluzioni per l’eHealth e dispositivi medici software. In questo lavoro, la profonda conoscenza del dominio applicativo è cruciale per la buona riuscita di un progetto. Attualmente mi sto occupando di progetti legati alle malattie rare e all’oncologia. Il mio lavoro si svolge in un team multidisciplinare composto da medici, ingegneri, UI/UX designer e sviluppatori. È un lavoro dinamico, spesso a contatto con il cliente sia per la definizione dei requisiti sia per l’attività di formazione degli utenti finali. La parte iniziale di un progetto è quella più delicata e anche più entusiasmante. Si può partire da un’idea innovativa interna, da una richiesta di un cliente o da una necessità di migliorare un qualcosa di esistente. È una fase esplorativa, dove ogni membro del team mette in moto la propria creatività per proporre soluzioni realizzabili che risolvano un unmet need. È un momento dell’attività lavorativa in cui riuscire a pensare fuori dagli schemi aiuta tanto. Bisogna osservare i potenziali utenti (personale sanitario o pazienti), conoscere le loro necessità, i loro problemi e conoscere a pieno la patologia o il processo di lavoro che si vuole affrontare. Anche se sono finiti gli esami universitari, si studia tanto. Si studia la letteratura scientifica a riguardo, si studiano anche altri testi universitari, le nuove regolamentazioni e le nuove tecnologie. Non si esaurisce un argomento che già è iniziato un nuovo progetto per cui bisogna studiare delle nuove tecnologie o una nuova malattia e i problemi ad essa connessi. Dopo la fase di ricerca iniziale, ci sono quelle di sviluppo, di controllo della qualità, di validazione clinica (nel caso dei dispositivi medici) e di formazione degli utenti finali. Durante la mia attività lavorativa sono impiegato quasi in ogni fase del ciclo di vita, come supporto o come parte attiva del team principale. È tutto molto dinamico e spesso di corsa, dovendo lavorare su diversi progetti che si trovano in fasi diverse. Il tempo è poco e bisogna ottimizzare, proprio come durante gli studi universitari. Bisogna trovare il proprio ritmo, rispettare i propri tempi coerentemente con i vincoli dettati dall’esterno e dare il massimo per quel preciso istante. Sembra la traccia di un problema ingegneristico, ma è così. E ciò che mi porta ad andare avanti è proprio la passione che si ha per il proprio lavoro e, nel mio caso, sapere che un’idea, un’innovazione (seppur minima) ha portato direttamente o indirettamente ad un miglioramento dell’attività del personale sanitario o un beneficio ad un paziente.
 

Le discipline scientifiche facevano per me e mi interessavano molto, ma senza “sporcarmi le mani” veramente mi era difficile riconoscerlo

16/06/2020 - 11:40