Laurad'amatoMi chiamo Laura D’Amata, nata a Pontecorvo (FR) il 13/07/1980, dopo aver conseguito la maturità scientifica mi sono laureata in Ingegneria delle Telecomunicazioni all’Università La Sapienza di Roma (laurea di primo livello + laurea specialistica). Ad oggi lavoro in Leonardo S.p.a, sede di Pomezia.

Ho competenze nel campo della progettazione e test di sistemi avionici.

Parlando delle motivazioni che mi hanno portato a scegliere la facoltà di ingegneria potrei dire che non si tratta di motivazioni prettamente inerenti l’una o l’altra materia per cui ero molto appassionata. O meglio, sicuramente mi piacevano le materie scientifiche, ma in fondo anche diverse materie umanistiche; per cui in questo senso ero combattuta. Ma se devo dare un nome a ciò che mi ha spinto a optare per ingegneria, credo che potrei usare la parola “stabilità”. E non mi riferisco banalmente ad una ipotetica (ma poi neanche molto ipotetica) stabilità economica che una laurea in ingegneria può offrire a valle degli studi; più che altro mi riferisco a quel particolare senso di stabilità che è insito in tutto ciò che va a dimostrare scientificamente ciò che ci circonda. Forse non so spiegare bene questo concetto; ma mi affascina, e mi ha sempre affascinato, l’idea di “conoscere” la natura, conoscerne le formule matematiche che ne danno spiegazione. Qualcosa di molto più grande ed elevato di me, qual è la creazione stessa, che può essere collocata sui libri. Certo poi si tratta di avere a che fare con tanti libri, tante dispense, tanto studio, tante ore di impegno, ma che permettono di sentirsi un po’ detentori di una conoscenza su tutto ciò che ci circonda e su cui quindi poggiare poi il proprio ingegno per trarne qualcosa di buono. Ecco, per tornare alla parola “stabilità”, si tratta proprio di quella fermezza, di quella immutabilità, che si può trovare in una semplice o complicata formula matematica che può però darmi spiegazione delle leggi della natura; quella fermezza che mi permette quindi di “creare” qualcosa che vada ad arricchire la natura stessa e a migliorare, si spera, la vita dell’uomo, “giocando” con tali formule attraverso il mio personale ingegno. Ingegno che si sviluppa non solo attraverso quella miriade di dimostrazioni e formule che un ingegnere può portarsi dietro nel suo database personale, ma soprattutto attraverso una forma mentis che la facoltà di ingegneria permette di far propria. E qui forse la parola che va ad aggiungersi a quella di “stabilità” è la parola “creatività”, che mi caratterizza molto, non solo dal punto di vista prettamente scientifico o ingegneristico.

Sicuramente il periodo degli studi universitari non è stato facilissimo; ricordo in particolare il primo anno e quell’esame in fisica che proprio non volevo mandar giù, tanto per ricordarne uno, perché di esami che fanno sbatter la testa ce ne sono, è ovvio. Ma sicuramente ciò che mi ha accompagnato negli anni universitari è stato il pensiero che, se c’è passione e volontà, tutto si può fare. E così è stato, nonostante anche tutte le difficoltà del primo vero e proprio approccio col mondo in modo del tutto indipendente; aspetto questo però anche molto bello dal punto di vista della crescita della persona. Anche semplicemente imparare a doversi destreggiare tra le attività burocratiche “sgomitando” tra un dipartimento e l’altro o tra una segreteria e l’altra; unito al fatto di dover imparare a gestirsi il tempo degli studi, e perché no, delle pulizie di casa o delle cene con gli altri fuorisede. Insomma, l’università è sicuramente una maestra di vita, e la facoltà di ingegneria integra a questa crescita personale anche una buona dose di crescita professionale che porta a saper usare le risorse fornite dai libri attraverso un ingegno che si sviluppa sempre di più proprio grazie alle difficoltà e alle sfide che questo particolare percorso di studi pone davanti allo studente giorno per giorno.

A valle della laurea specialistica in ingegneria mi sono subito ritrovata a fare un colloquio come stagista in una sede laziale di una azienda multinazionale; il colloquio è andato a buon fine, per cui ho iniziato lo stage e poi, dopo poco più di un anno, sono stata assunta a tempo indeterminato e da allora non ho ancora cambiato mai lavoro. Lavoro su apparati di comunicazione per prodotti avionici e sicuramente il fatto che si tratti di un lavoro quasi del tutto aderente ai miei studi non mi spinge a provare qualcosa di diverso, anche se sono dell’idea che il cambiamento faccia sempre bene. Comunque posso dire che le conoscenze e competenze acquisite durante il mio percorso di studi sono state importanti soprattutto nella fase iniziale del percorso lavorativo, quando ancora ci si appoggia molto sulle nozioni più che sull’esperienza, che comunque man mano si accresce. Di certo questo non vuol dire che io ricordassi tutte le formule a memoria né che ciò venisse richiesto in modo assoluto, ma sicuramente conoscere e ricordare anche teoremi e concetti basilari è stato molto utile. Tutto ciò però sempre unito alla famosa forma mentis che la laurea in ingegneria consegna in eredità ad ogni studente, pur quando questo non ne è del tutto cosciente. Qualcosa che può più o meno riassumersi così: saper andare a scovare nel database della propria mente la “stabilità” di quei teoremi, di quelle formule, di quei modelli matematici che danno dimostrazione delle leggi della natura, e saper ad essi applicare il proprio ingegno, con creatività, al fine di ottenere risoluzione ai problemi o idee innovative, il tutto applicando la “legge” del “minimo sforzo massima resa”.
E il lato simpatico di tutto ciò è che poi questo si applica anche un po’ alla propria vita, che diventa sì stabile, ma anche ingegnosa e creativa.

Ad oggi il mio percorso professionale, come già accennato, prosegue nella stessa azienda, pur comunque muovendomi con facilità tra ambiti a volte leggermente diversi tra loro, passando quindi dal processamento di segnali digitali alla programmazione software o alla fase di test. Quindi non posso negare di ritenermi soddisfatta delle nozioni e capacità acquisite durante il mio percorso di studi e, ovviamente, accresciute nella mia esperienza lavorativa.

Se devo dare un nome a ciò che mi ha spinto a optare per ingegneria, credo che potrei usare la parola “stabilità”: si tratta proprio di quella fermezza, di quella immutabilità, che si può trovare in una semplice o complicata formula matematica che può però darmi spiegazione delle leggi della natura. Adesso lavoro tra ambiti a volte leggermente diversi tra loro, passando dal processamento di segnali digitali alla programmazione software o alla fase di test.

05/05/2021 - 11:40